Ora una svolta per la governance e la sostenibilità delle procedure di cura. I vantaggi del modello Friuli: funziona il fondo ad hoc dedicato.
CAR-T, terapia salvavita: a 10 anni dalla prima somministrazione sperimentale – a Emily Whitehead, bimba di 7 anni affetta da leucemia trattata al Children’s Hospital di Philadelphia – si aggiungono oggi nuove indicazioni in clinica con grandi aspettative di guarigione per un ventaglio di malati oncoematologici più ampio e con prospettive anche nei tumori solidi. Ciò mentre scadono i tre anni che definiscono l’innovatività (e la copertura dal relativo fondo nazionale) e si aggiungono nuove indicazioni, in fasi più precoci di malattia (ad esempio nel mieloma e nel trattamento di pazienti adulti con linfoma diffuso a grandi cellule B e linfoma a cellule B ad alto grado refrattario), in cui le Car-t migliorano notevolmente la prognosi. Al contempo si pone il problema della sostenibilità dei costi e della riarticolazione dei centri autorizzati. In Italia sono 45, ma ognuno con soluzioni organizzative diverse: hub e spoke in Lombardia, mono hub in Emilia Romagna, in rete in Toscana, nessun centro in Sardegna, mentre emerge il modello di governance del Friuli Venezia Giulia che ha individuato un fondo ad hoc da 2,5 milioni di euro annui per garantire il fabbisogno e un accesso rapido e certo ai pazienti arruolabili.
IL TAVOLO DI MOTORE SANITÀ
Con un tavolo tra clinici, esperti di sanità pubblica, figure istituzionali impegnate nell’attività legislativa, l’Osservatorio innovazione di Motore Sanità conclude con un webinar – svolto nei giorni scorsi con il contributo non condizionante di Gilead / Kite – la Road map tra le Regioni inaugurata un anno fa e snodatasi attraverso eventi e approfondimenti, in presenza e in remoto, lungo lo Stivale. Obiettivo: accendere i fari sulle realtà dei vari territori e individuare le necessità e urgenze delle cure Car-t. In definitiva proporre modelli più appropriati e sostenibili di questa innovazione salvavita e accendere i fari sulle migliori esperienze sviluppate nelle Regioni.
“Ne emerge un quadro variegato e articolato, fatto di luci e ombre – avverte Claudio Zanon direttore scientifico di Motore Sanità – le prime relative alle soddisfacente distribuzione dei centri regionali, anche in molte realtà del Sud, all’interno di reti ematologiche hub e spoke. Ombre invece relativamente ai ritardi di alcune compagini (in Sardegna non c’è neppure un centro) e alla sostenibilità economica spesso legata all’uso non sempre efficiente del fondo per l’innovatività e ad una programmazione che continua a considerare l’innovazione un costo, anziché un investimento. Uno scoglio da superare ora che alle iniziali indicazioni si sono aggiunte quelle su linfoma diffuso a grandi cellule B in seconda linea, nella leucemia linfoblastica acuta, linfoma follicolare e mieloma multiplo. Senza considerare i nuovi promettenti usi nei tumori solidi, con una speranza di vita unica per chi non ha altre alternative terapeutiche”.
Simona Loizzo, Componente della XII Commissione Affari sociali della Camera e presidente dell’intergruppo Sanità e Terapie Digitali e Tumori al seno, ha ricordato di aver interrogato il Ministro sulle Car-t riguardo alla disomogeneità di centri autorizzati tra Nord e Sud e sulle difficoltà di accreditamento di nuove strutture. “L’innovazione Car-t si allarga sempre più – ha precisato – sebbene oggi le conosciamo soprattutto per il trattamento delle malattie ematoncologiche. Occorre individuare soluzioni per incrementare la capacità produttiva e non solo allargare il numero dei centri e fare chiarezza sul Drg che oggi coprono solo un quarto dei costi reali”.
Fari puntati dunque su nuovi modelli di sostenibilità a fronte della la rimborsabilità di alcune indicazioni coperte dal fondo farmaci innovativi (DLBCL in seconda linea, Mieloma), mentre altre ricadono sulla spesa farmaceutica per la distribuzione diretta (DLBCL in terza linea, Leucemia acuta linfoblastica e Linfoma follicolare).
Francesca Futura Bernardi, dirigente del settore farmaceutico della Regione Campania ha ricordato come sia in fase di completamento la rete ematologica regionale in cui ai due iniziali centri Car-t (policlinico e Santobono per la pediatria) se ne siano aggiunti altri due per adulti (al Moscati di Avellino e al Cardarelli di Napoli, quest’ultimo in via di certificazione). “Puntiamo a gestire e definire un percorso che abbia tutti i punti territoriali in grado di intercettare i pazienti eleggibili nella rete Car-t e stiamo completando la prima rete oncoematologica”.
Gianni Amunni,coordinatore scientifico Ispro ha sottolineato come il tema delle terapia salvavita innovative Car-t debba essere all’ordine del giorno della politica considerato l’impatto biotecnologico, le nuove indicazioni, l’efficacia salvavita su pazienti che non hanno alternative di cura. “Serve in ogni regione una rete oncoematologica che diventi una sottorete clinica di quella oncologica generale – ha ricordato – per garantire equità e omogeneità dell’offerta. Il diritto all’innovazione vale soprattutto per Car-t perché è una procedura cambia il destino dei pazienti e non possiamo accontentarci di un capitolo di spesa indistinto assegnato con i criteri attuali a scadenza ogni tre anni”. Le Car-t dunque una chiave di volta per interpretare la spesa in oncologia: essendo una procedura salvavita deve essere garantita a tutti i soggetti eleggibili, considerando che altre terapie in quinta e sesta linea che comportano un vantaggio di poche settimana sono messe sullo stesso piano. Ciò significa programmare la spesa dei centri in base ai fabbisogni crescenti, stipulare accordi tra Regioni dopo aver definito il fabbisogno nazionale, disporre di team completi e adeguati a gestire la tossicità. Da qui Amunni ha rivolto lo sguardo al tema spinoso del sottofinanziamento del Servizio sanitario nazionale. “Non si può più parlare in Sanità di costi indistinti e di tetti di spesa in maniera ragionieristica. In particolare in Oncologia dove i malati si cronicizzano e i costi lievitano enormemente”.
A fare da contraltare l’intervento di Zanon, che ha ricordato come il fondo per gli innovativi non viene speso per intero da tutte le Regioni e la parte organizzativa gestionale incida eccome sulla sostenibilità.
Ad accendere i fari sulla realtà della Liguria ci ha pensato Emanuele Angelucci, direttore Ematologia IRCCS San Martino di Genova:in Liguria è operativo un solo centro Car-t che serve 1,5 mln di abitanti. “I 45 centri Car-t italiani ritengo siano sufficienti – ha sottolineato –, semmai si tratta di considerare l’aspetto economico: le terapie geniche e le malattie genetiche hanno costi decuplicati, ma il beneficio clinico è incommensurabile. Un adeguamento normativo è assolutamente indispensabile. Talvolta il costo è anticipato e rimborsato a compensazione l’anno successivo e pone le direzioni amministrative in gravi difficoltà”.
IL MODELLO FRIULIANO
Tutti nodi da cui emerge un modello vincente attuato in Friuli Venezia Giulia che ha istituito un fondo dedicato alle procedure Car-T, che consente un approccio in cui la procedura non sia l’ultima spiaggia, ma garantita al paziente quando ve ne è bisogno. Una realtà toccata con mano da Joseph Polimeni, direttore generale ARCS Friuli-Venezia Giulia: “C’è ancora da migliorare magari nell’analisi del fabbisogno – ha detto – ma abbiamo stanziato 2,5 milioni annui per le Car-t, fondi sovra aziendali, regionali. Puntiamo a stimare in maniera precisa il target e il fabbisogno. A mio avviso va superato il sistema a silos e a tetti di spesa ormai anacronistico. Stanziare budget di impatto e soddisfare le richieste indicate è la strada, visto che ci troviamo di fronte a opzioni terapeutiche che aumentano qualità e quantità di vita. Oggi parliamo di Car-t domani sarà l’Intelligenza artificiale”.
Massimo Martino, responsabile del Centro unico regionale della Calabria e anche presidente del gruppo italiano trapianto midollo osseo ritiene che la terapia Car-t sia “abbastanza sviluppata in tutta Italia, ormai anche al Sud, anche se trovo assurdo che ancora in Sardegna non si possa fare, ma il messaggio che le Car-t non sono effettuabili in Italia su larga scala non è la realtà – ha aggiunto –; la migrazione è in questo campo una scelta personale, non di opportunità”. Concetti confermati nell’intervento di Pellegrino Musto, ordinario di Ematologia al Policlinico di Bari. Gaspare Guglielmi, dirigente presso il centro del Cardarelli di Napoli, ha ricordato uno studio della Tor vergata e Cattolica in cui emerge che le terapie innovative, comprese le Cart, “siano sottoutilizzate in Italia rispetto ai pazienti che ne potrebbero fare uso sia per i costi (se volessimo trattare tutti servirebbero 4 mld), sia per le carenze strutturali, organizzative e di personale delle reti”. Guglielmi ha fatto poi riferimento al modello Hcv, in cui anni fa dove a fronte di un numero di pazienti eleggibili molto elevato e di risorse limitate si è riusciti comunque a trattare tutti. Roberto Freilone, direttore della Ematologia, AOU Città della Salute e della Scienza, Torino, ha raccontato la realtà del Piemonte articolata su 3 centri per adulti e 1 pediatrico, sufficienti per i 4,5 mln di abitanti. “L’aumento dei centri non ha significato in Piemonte, ma potenziare quelli esistenti serve, soprattutto per le dotazioni di personale. Le Car-t non sono terapie finite. Se le malattie cronicizzano i costi aumentano anche per l’uso dell’altra opzione, l’uso degli anticorpi bispecifici. Quindi il problema della sostenibilità delle cure va affrontato a 360 gradi approfondendo questa materia con strumenti di analisi adeguati, algoritmi commisurati alla complessità in un tavolo con la politica, i clinici, le amministrazioni sanitarie e le aziende e per definire una visione che non lasci soli i centri di cura con i problemi di cassa ogni volta che c’è l’opportunità di trattare un paziente. Oggi il Drg riconosciuto è quello di un trapianto autologo o allogenico (47 mila euro), a fronte di 200 mila euro di spesa per ciascuna procedura. La politica deve pensare al lavoro che c’è dietro e alla fatica che si fa a rincorrere i medici, la formazione, ecc”.
Concetti ripresi da Carmine Petruzzelli presidente di “Alleanza contro il cancro”, che ha messo in risalto le esigenze prioritarie dei pazienti spesso stanchi e provati nel corpo e nello spirito. “La figura centrale per noi resta l’ematologo ma c’è difficoltà se la metà del tempo devono dedicarlo alla burocrazia. Il lavoro di alcune figure di supporto al clinico – ha concluso – previste dagli accordi Stato Regioni, come lo psicologo e il data manager, non è vicariabile”.
Secondo Alberto Tosetto, direttore Ematologia, ULSS 8 Berica, in Veneto infine, aumentare la capacità dei centri hub è utile, ma con l’allargamento delle indicazioni resta il problema della sostenibilità e della organizzazione clinica visto che dopo l’infusione è richiesta una ospedalizzazione anche di una o due settimane. “La Regione Veneto si sta muovendo anch’essa verso la costituzione di un fondo dedicato come ha già fatto il Friuli Venezia Giulia. Facciamo da 30 a 35 procedure all’anno e siamo attrattivi nei confronti delle altre realtà ma è chiaro che il rimborso avviene l’anno successivo mentre l’azienda sostiene costi immediati”.
A completare la tavola degli interventi Alessandro Spina, dirigente Medico della Ematologia Ospedale “A.Perrino”, di Brindisi e il deputato Gian Antonio Girelli. Marianna Ricciardi del Movimento 5 Stelle ha ricordato i 10 milioni dedicati alle Car-t stanziati nella precedente legislatura e ribadito come alla politica spetti definire il quadro normativo e gli assetti virtuosi investendo in ricerca e in innovazione per assicurare ai cittadini il meglio delle cure possibili.