Attualità, Casale Monferrato

Per ricordare Enrica Morbello Core: l’orazione ufficiale di Sergio Favretto

Quando si ricorda una persona che non c’è più, ritornano molti fatti, incontri, momenti felici e significativi. Tutti noi oggi accompagniamo la partigiana Enrica con un pezzo di vita, di contatto, di relazione; con tanto affetto e riconoscenza.
In 99 anni Enrica ha dato e detto molto alla famiglia, ha costruito e ha lasciato molto anche alla sua città e a ciascuno di noi. 
Era nata a Casale e oggi ci lascia qui, a Casale. 
Ha combattuto e testimoniato la Resistenza in Val Susa, a Condove, ad Avigliana, sul Col de Lys fra le montagne piemontesi e fra le nostre colline. Ma il suo cuore e pensiero antifascista si sono formati in famiglia, qui nel Monferrato.
Ricordo benissimo quando mi narrò come, dopo l’8 settembre, si fece promotrice di ospitare i militari in fuga in casa sua e nel laboratorio di papà o nelle abitazioni di corso Valentino, chiedendo casa per casa indumenti civili e nascondiglio, rischiando i controlli dei tedeschi; quando vide più volte dalla sua finestra i fascisti che conducevano dal carcere di Casale all’ospedale i medici fratelli Angelo e Giovanni Guaschino e poi li riportavano in carcere, per costringerli a rivelare la formazione del partigiano Gerardo Guaschino; quando incontrò lo scrittore Cesare Pavese in treno, nel tratto Asti-Casale e scambiò poche parole, ma intensi sguardi; quando si prodigava per mantenere i contatti fra partigiani della città e della collina; quando seguì con coraggio il marito Secondo Core Dino in Val Susa, condivise il rischio della lotta partigiana con un ruolo attivo ed intelligente; quando promosse l’antifascismo in fabbrica e fra le montagne, ingannando tedeschi e fascisti con espedienti che solo uno spirito intraprendente avrebbe potuto inventare.
Enrica narrava e ricostruiva, con animo gentile e fermezza nelle convinzioni. Nessuna retorica o enfasi.
Solo verità e storia. La sua esperienza di vita ebbe una seconda fase, non sempre agevole e piana, dopo la Liberazione, perché l’Italia intera ebbe mille difficoltà a decollare come compiuta democrazia. Enrica non si è mai sottratta all’impegno sociale e pubblico, all’interno dell’ANPI e del consiglio comunale, dell’associazionismo e dei movimenti femminili e culturali. Enrica parlava con i ricordi, ma anche con i suoi dipinti, con l’arte che amava e della quale andava fiera. 
Vorrei ricordare a tutti noi che ogni persona è irripetibile, unica, perchè è la risultante di una vita, di mille esperienze, di mille impegni e di relazioni; è frutto di crescita, di volontà applicata, di eventi fortunati ed altri meno fortunati, ma soprattutto è frutto di ideali perseguiti e convinzioni coltivate.
Il merito di un approccio storico è quello di contestualizzare una vicenda vissuta nei tempi e luoghi che l’hanno contraddistinta.
Enrica è stata protagonista diretta, qui nel Monferrato prima e poi in Val Susa in montagna, della lotta antifascista e della Resistenza. Non tutti avevano il coraggio di scegliere, specie fra le donne, per troppi decenni asservite a logiche marginalizzanti. Enrica si espose in mesi difficili, portò le proprie preziose tessere al complessivo mosaico della Resistenza italiana. 
Anche se chiaramente di matrice socialista e comunista, seppe raccordarsi con le altre componenti resistenziali, nella ricerca dell’obiettivo comune della libertà per tutti. 
Vi sono nella vita di Enrica alcuni tratti distintivi della Resistenza nel Monferrato. L’antifascismo storico che ha fatto da premessa forte e motivante della scelta resistenziale; la partecipazione delle donne alla Resistenza, come testimoniato dalle coraggiose mamme dei partigiani, dall’esempio di Ernestina Valterza che faceva la staffetta fra le formazioni del Monferrato e del Biellese, dalla partigiana Dea Melotti fra le colline di Grana e Vignale; il contributo diretto dei nostri partigiani alla Resistenza in montagna e nel resto del Piemonte.
Mi soffermo su questo carattere distintivo poco noto: la Resistenza del Monferrato non fu confinata solo in questo territorio, seppe invece coraggiosamente esportare motivazione ed organizzazione. 
Enrica e il marito Dino Core lasciarono il Monferrato per combattere nelle Garibaldi in Val Susa; i fratelli Francesco, Bruno e Italo Rossi organizzarono le brigate Matteotti nel canavese; il 29 giugno ‘44 Italo Rossi venne ucciso a Cuorgnè; Francesco Alfieri Greppi di Frassineto Po, alunno del Liceo Classico di Casale, militare, dopo l’8 settembre scelse la Resistenza in Val di Lanzo e rimase ucciso a Usseglio il 27 settembre ‘44; Sergio Morello, ebreo di Casale, fece il partigiano a Castellamonte e qui venne ucciso dai tedeschi e fascisti il 1 maggio del 1945; Eusebio Giambone, nato antifascista nella sua Camagna, operò a Torino nel CLN militare piemontese e venne ucciso dai fascisti al Martinetto il 5 aprile del 1944.
Proprio la tensione ideale aperta e positiva ha sempre segnato la presenza pubblica di Enrica in questa città. 
Dalla sala del Consiglio Comunale alle centinaia di aule scolastiche o sale convegni frequentate in decenni, Enrica ha proposto testimonianze e pensieri chiari, innovatori, dialoganti. Ebbe sempre un concetto alto della Resistenza; non solo sommatoria di gesti e risultati, di organizzazione partigiana e di conflitto con la RSI e con i tedeschi occupanti, ma come rivolta del popolo italiano contro un regime e contro la violenza subita per troppi decenni. 
Testimoniò sempre la Resistenza non solo per quello che fu, ma per quello che poi diventò e cioè uno stacco netto rispetto al prima e verso un domani completamente nuovo. Qui sta la radice profonda dei valori resistenziali, valori fondanti del nostro vivere.
Enrica “fasulin” ha bene interpretato la perenne figura del partigiano evocato sempre nelle opere di Beppe Fenoglio, un partigiano senza tempo e luogo, un partigiano di ieri, di oggi e per sempre. Un partigiano dentro, non solo per ciò che ha fatto, ma perchè lo ha fatto e per chi: per la libertà. Certamente, al sommo della collina della memoria e della storia,  resterà un partigiano. 
Ricordo una frase molto bella che Enrica mi disse proprio in questa sala, in occasione di un evento: “Qui si fa politica e amministrazione per tutti i cittadini, non solo per una parte…come noi partigiani abbiamo combattuto per tutti…non solo contro una parte”.
L’ultima lezione di Enrica, è qui oggi. Nella sede del Comune, con bandiere e memorie vive, persone convinte: ci incarica di proseguire e di ravvivare sempre l’impegno pubblico, con coraggio e autonomia, perché lo chiedono i nostri partigiani e lo chiede la nostra Costituzione.

12 maggio 2021
Sergio Favretto

Commenta l'articolo

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

*

Iscriviti alla Newsletter

Seguici su Facebook