Scuola

L’ Istituto Leardi ricorda la Shoah: iniziative per il giorno della memoria 2020

In occasione del XX Giorno della Memoria, l’Istituto Superiore “Leardi” ha voluto ricordare il dramma della Shoah e le vittime della follia nazifascista con una mattinata di interventi tematici per i suoi studenti.

Il momento di riflessione si è svolto martedì 28 gennaio 2020, il giorno successivo rispetto la data ufficiale del 27 gennaio, per permettere ai ragazzi di partecipare alle commemorazioni organizzate dal Comune di Casale, prima nel ghetto della città e, in seguito, presso i giardini della stazione, che nell’occasione sono stati intitolati a Raffaele Jaffe, preside degli Istituti Leardi e Lanza, fondatore del Casale FBC e, sfortunatamente, scomparso nelle camere a gas di Auschwitz il 6 agosto 1944.

Alle classi del biennio, su due differenti turni, la prof.ssa Franca Ameli presentato il film di animazione «La stella di Andra e Tati». Prodotto da Rai Ragazzi e Larcadarte, in collaborazione con il MIUR e con la consulenza storica di Marcello Pezzetti, direttore del costituendo Museo della Shoah di Roma, la pellicola è dedicata alla storia dei bambini di Auschwitz, attraverso la vicenda delle sorelle Bucci, deportate ad Auschwitz–Birkenau nel marzo del 1944, all’età di quattro e sei anni. Con loro fu deportato anche Sergio De Simone, cugino per parte di madre di Andra e Tati, battezzate, ma non per questo risparmiate perché comunque ebree. «Sergio, al contrario delle bambine, non ritornerà dal campo di sterminio – ha spiegato la prof.ssa Ameli agli studenti – poiché fu vittima degli esperimenti di Mengele, il terribile angelo della morte che conduceva esperimenti sui bambini del campo. Sergio finì, con altri diciannove bambini in un campo vicino ad Amburgo dove furono sottoposti a terribili esperimenti sulla tubercolosi, per poi essere eliminati barbaramente, nel sotterraneo della scuola di Bullenhuser Damm nell’aprile del 1945»

Il film è stato presentato ai compagni del biennio dagli allievi della 4aA Amministrazione Finanza e Marketing, con una serie di slide ispirate a due testi che raccontano le vicende dei bambini coinvolti, “Noi, bambine ad Auschwitz,” di Alessandra e Tatiana Bucci, in collaborazione con Fondazione Museo della Shoah di Roma e “Chi vuole vedere la mamma faccia un passo avanti” Di Maria Pia Bernicchia, sottotitolato “I venti bambini di Bullenhuser Damm, una carezza per la memoria”.

Le classi terze e quarte, invece, hanno ripercorso, insieme al prof. Luca Talenti, le vicende biografiche e storiche legate alla figura di Raffaele Jaffe. L’intervento è stato anche un modo per ricordare la memoria dello scrittore e giornalista casalese Giampaolo Pansa, recentemente scomparso. Nel suo romanzo “Il bambino che guardava le donne”, l’autore ha intrecciato le azioni dei protagonisti (l’amore travagliato tra Carmen Angelino, ex ausiliaria della Repubblica di Salò, e Attilio Vitta, ebreo scampato ad Auschwitz ed ex partigiano) con la storia del ghetto di Casale e della comunità ebraica, di cui Jaffe faceva parte. 

Così viene descritto Raffaele Jaffe nelle pagine del romanzo di Pansa: «Di statura media, tendente al piccolo, un fisico asciutto, i baffi ben curati e gli occhiali stringinaso, era un tipo scattante, dal passo veloce, sempre in moto. Chi l’ha conosciuto a scuola o nella vita di tutti i giorni, lo ricorda come un uomo buono, gentile, affabile, dalla voce piana e rassicurante, che non metteva in apprensione neppure il più timido degli studenti». L’illustre preside degli Istituti “Leardi” e “Lanza” viene ricordato per aver fondato, nel 1909, il Casale Foot-Ball Club: il prof. Eugenio Annovazzi, fine conoscitore della squadra cittadina, ha approfondito con gli studenti le fasi iniziali del nuovo team calcistico nerostellato, erede della preesistente squadra del Leardi “Robur”. 

Con l’emanazione delle leggi razziali del 1938, Jaffe fu esonerato dall’insegnamento, malgrado avesse sposato la cattolica casalese Luigia Cerutti e ricevuto il battesimo l’anno precedente. Nel febbraio 1944, a seguito del rastrellamento del ghetto di Casale, fu incarcerato e trasferito al campo di transito di Fossoli: la sua fine giunse sei mesi dopo, il 6 agosto 1944, quando per una tragica fatalità finì al lager di Auschwitz anziché a quello Bergen-Belsen, dove sarebbe dovuto essere destinato.  L’ultima lettera inviata da Jaffe alla moglie Luigia ha toccato la sensibilità degli studenti presenti, che hanno ascoltato la sua lettura in profondo silenzio: «Cerca di essere serena, tesoro mio. E se qualcosa di grave dovesse accadere per volontà di Dio (tu sai che cosa intendo), sii forte come lo sei sempre stata… Tanti baci e un grande abbraccio a te, alla nostra adorata Tilde e ai nonni. Tuo, Raffaele».

Come ultima riflessione, gli studenti di terza e di quarta hanno ascoltato la definizione che la senatrice a vita Liliana Segre ha offerto, per lo Zanichelli 2020, della parola “indifferenza”: «L’indifferenza racchiude la chiave per comprendere la ragione del male, perché quando credi che una cosa non ti tocchi, non ti riguardi, allora non c’è limite all’orrore. L’indifferente è complice. Complice dei misfatti peggiori. L’alternativa, diceva Don Milani, è ‘me ne importa’, ‘mi sta a cuore’». 

Il prof. Francesco Spina, infine, ha proposto alle classi quinte, prossime all’Esame di Stato, l’intervento di riflessione dal titolo “Immagini malgrado tutto”: storia di quattro fotografie dal cuore dell’inimmaginabile. La lezione intendeva portare al centro del discorso il valore e lo statuto delle immagini (fotografiche e cinematografiche) nella rappresentazione della Shoah. Prima di affrontare la vicenda delle quattro fotografie scattate a Birkenau nell’estate del ’44, da alcuni prigionieri, si è proposta un’introduzione di natura storiografica finalizzata a contestualizzare gli eventi: le funzioni e l’organizzazione del campo di Auschwitz (durante il quinquennio 1940-45) e il ruolo dei membri del Sonderkommando, nell’economia del campo e come testimoni del crimine nazista. Il discorso, poi, dopo essersi concentrato sulla volontà delle SS di cancellare le prove documentali e iconografiche dell’Olocausto degli ebrei (nonostante un’abbondante produzione di fotografie raccolta dai nazisti stessi), si è concentrato sull’analisi di un caso e sulle sue implicazioni, anche teoriche: il caso delle quattro fotografie scattate dai membri del Sonderkommando, testimonianza estrema e “dall’interno dell’esperienza” dei momenti peculiari del massacro. 

«Facendo riferimento alle tesi del filosofo francese Georges Didi-Huberman – chiarisce il prof. Spina – si sono presentate queste immagini come prove capaci di liberarci dai rischi e dagli alibi di quella retorica che vorrebbe presentare la Shoah come un fatto inimmaginabile e impensabile. Nostro dovere è, invece, trovare il coraggio e la capacità di contemplare quegli squarci di verità aperti da documenti come quelli analizzati. È necessario (poter) immaginare per conoscere»

La lezione si è conclusa con la visione di due spezzoni tratti dai film Shoah di Claude Lanzmann e Il figlio di Saul di László Nemes, film che, nella loro diversità reciproca, offrono riflessioni profonde sull’evocazione immaginaria dell’orrore dei campi, nella sua necessità “malgrado tutto”.

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